Fabrizio Guccione con Andros Atzeni e Mirko Noris
con la collaborazione di Fabio Cavicchioli
Dalla relazione – Le ragioni di un auditorium.
Quali sono le ragioni che spingono una comunità ad affrontare la costruzione di un auditorium?
Delle ragioni funzionali? La necessità di dotare la città di un servizio mancante? Senz’altro. Offrire alla cittadinanza uno spazio di aggregazione? Indubbiamente. Offrire uno spazio adeguato alle attività culturali della città? Si.
Oltre a questo si deve però ricercare una ragione più profonda che ne spieghi il bisogno, una ragione insita nella natura stessa della comunità Cesatese.
Cesate ha vissuto negli ultimi 50 anni un profondo cambiamento: la sua trasformazione da centro agricolo a città satellite di Milano, favorita dalla realizzazione e dall’espansione del villaggio INA Casa e dal potenziamento del collegamento ferroviario.
Tale trasformazione ha introdotto profondi cambiamenti nella comunità cesatese a livello economico, sociale e culturale. E se da un lato questi mutamenti sono stati recepiti dalla comunità con estrema dinamicità e naturalezza, dall’altro l’espansione territoriale si è realizzata senza fissare punti di cucitura delle parti, senza la realizzazione di luoghi capaci di caratterizzare la città e offrire centri di aggregazione ai propri abitanti, luoghi in cui riconoscersi e ritrovare i valori del vivere comune.
I vecchi modelli mostravano città legate da luoghi ed edifici riconoscibili, espressione di relazioni chiare e riconosciute. Oggi le relazioni sociali sono diluite: si lavora in un luogo e si abita in un altro, si fa la spesa fuori città, si esce la sera muovendosi in automobile per spostarsi in centri che offrono più occasioni. La riduzione temporale delle distanze dovuta all’aumento della mobilità ha ridotto il valore che i piccoli centri urbani hanno sempre espresso: i legami tra le persone, il riconoscersi come cittadini nel luogo in cui si vive.
Una società parcellizzata, fondata sulla separazione, allontana dal quel senso dell’esperienza umana che ha sempre spinto a radunarsi in un luogo per poter condividere risorse e per poter scambiare esperienze. La crescita completa del singolo individuo passa sempre attraverso la condivisione delle esperienze dagli altri, dall’esperienza della comunità.
Oggi siamo abituati a ragionare in termini di servizi, quasi che vi fosse una catalogo ideale a cui attingere.
La realtà di una comunità si ritrova in quell’identità profonda che permette al singolo odi riconoscersi negli altri e di acquisire quella esperienza che apre al mondo ampio.
La costruzione di un auditorium non è un semplice desiderio ma la risposta a un bisogno fondamentale: il riconoscersi come abitanti della città grazie a un luogo simbolico, rappresentativo e culturalmente rilevante, in cui le interazioni diventano reali, in cui lo scambio delle esperienze si traduce in occasione di crescita individuale e collettiva.
Sulla nostra ricerca progettuale.
L’architettura dell’auditorium è uno spazio civico, rappresentativo, riconoscibile. Per svolgere la sua funzione deve essere parte del tessuto urbano.
Sul tema della forma quindi abbiamo ragionato partendo dal valore altamente simbolico che questo edificio deve avere, all’esterno come all’interno, per poter esprimere il suo status di istituzione pubblica.
Abbiamo ricercato con la più grande libertà le relazioni che l’area di intervento individuata offriva per accogliere l’edificio.
Non abbiamo proposto un’unica idea perché, in questa fase, è più utile e proficuo offrire spunti di riflessione che risposte univoche. E’ necessario aprire un confronto e valutare più possibilità, analizzarle insieme alla comunità, discuterle, per arrivare alla soluzione migliore: quella condivisa.
Proponiamo una condivisione di visione, un affinamento dei sensi, su quelle risposte che un progetto di architettura può diventare. Un progetto è un distillato di passione, di intelletto, di desideri, anche di ripensamenti che devono offrire quale risultato un percorso condiviso.
In tutte le soluzioni sviluppate abbiamo indagato sulla modalità con cui il nuovo volume potesse relazionarsi con il tessuto urbano, in termini di visibilità come di riconoscibilità, e di accessibilità, e rispetto alla funzione specifica della sala di fruibilità.
La visibilità e riconoscibilità sono indubbiamente quegli aspetti di un architettura che ne consentono il suo riconoscimento da parte della comunità. Solo un bel vestito? Anche quello, ma non solo. Una buona architettura deve essere bella, avere fascino, ma deve essere anche solida, deve esprimere l’onestà del pensiero che l’ha generata. Per educare al valore delle cose, ed al valore che le cose possono restituire nel loro uso, la bella architettura pubblica svolge una funzione didattica: può essere il luogo dell’esperienza. La funzionalità in un edificio non è ne dominante nè secondaria: semplicemente le buone architetture sono sia belle che funzionali. Questi due valori devono essere espressi entrambi, pena la mediocrità del risultato.
Sempre al centro di ogni proposta il rapporto tra l’auditorium e l’area stessa.